domenica 9 giugno 2013

"Nella casa" di François Ozon

di Oliva Cordella 



In “Morte a Venezia” di Thomas Mann, l’anziano scrittore tedesco Gustav Von Ashembach si invaghisce narcisisticamente parlando della bellezza e della giovinezza incarnate in Tadzio, efebico biondo adolescente, succhiandone la forza attraverso sguardi complici di seduzione ai quali non saprà rinunciare fino a rendersi ridicolo, fino alla rovina. Il thriller di Francois Ozon (autore anche della sceneggiatura, un adattamento della pièce teatrale “Il ragazzo dell’ultimo banco” dell’autore spagnolo Juan Mayorga) ci ripropone più o meno lo stesso tema, intriso però dell’ironia che solo i francesi sanno mettere e spostando questa sorta di “innamoramento” in una simbiosi da transfert utile ad entrambi i protagonisti.



Il professor Germain (interpretato da un superbo Fabrice Luchini) è giunto ormai ad un’età matura. Scrittore fallito e cosciente del suo scarso talento, egli incrocia lo sguardo complice ed ammaliatore del sedicenne Claude, allievo ricco di talento per la scrittura presso il Liceo Flaubert dove insegna letteratura.
Come un incantatore di serpenti, il ragazzo spingerà l’adulto fino sull’orlo dell’abisso solleticandone l’ego ed il senso paterno, alla ricerca del riscatto per le sue umili origini ed al vuoto affettivo, nella fissazione morbosa e voyeristica verso l’intimità familiare e borghese dell’amico e compagno di classe Rapha che abita nella villetta accanto a parco.

Claude si aggira per la casa di Rapha come un fantasma, con il pretesto segreto di scriverne, ed incoraggiato in questo dal professor Germain ne assapora un’effimero surrogato di felicità, rompendo equilibri e lasciando dietro di se rovine da ricostruire e forse, inconsapevolmente, l’insperata spinta al cambiamento che tutti segretamente attendono in silenzio per ricominciare a vivere una nuova e più felice esistenza. Il suo sguardo sul mondo tuttavia è quello di un adolescente cresciuto troppo in fretta, ed in se conserva le caratteristiche giovanili dellasfrontatezza e dell’incoscienza, ma il vuoto, la solitudine e la ferita narcisistica lasciate dall’abbandono della madre fanno di Claude un essere vulnerabile e sarcastico, a tratti feroce e vorace di esperienze e di emozioni. Sono proprio queste fragilità ad attrarre ed intenerire il professore che intanto condivide con la moglie Jeanne un matrimonio finito ed il rimpianto di non aver mai avuto un figlio, stabilendo con il ragazzo un indissolubile legame di appagante complicità. Immediato è il transfert, il maestro insegue l’allievo, ne ammira la giovanile sfrontatezza vivendo attraverso di lui una seconda possibilità, ne assapora il coraggio che adesso gli manca e l’ambizione che un tempo era anche la sua di diventare uno scrittore di successo. Dispensando consigli di vita e di scrittura il professor Germain va incontro alla sua caduta ed il ragazzo finirà con il prendersi tutto, tranne la sua innata ironia.

Il film, che vanta numerose nomination all’Oscar, avvince e convince anche grazie ad una azzeccatissima scelta del cast veramente ben diretto, tra cui spiccano i due protagonisti Fabrice Luchini (il professor Germain) e Ernst Umhauer (Claude) e dove ritroviamo anche Kristin Scott Thomas ed Emmanuelle Seigner. Da segnalare una bellissima colonna sonora di Philippe Rombi.

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