di Giovanni Bogani
CANNES. Alla fine vincono loro, le ragazze dell’amore
omosessuale di “La vie d’Adèle”, Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos, insieme al
regista Abdellatif Kechiche, che le ha dirette filmando in modo così naturale
il loro modo di incontrarsi, di mangiare, di fare l’amore.
Kechiche,
origine franco-algerina, parla di libertà. “Quello che conta è la libertà. La
libertà di vivere, di esprimersi e di amare. Il mio pensiero va alla bella
gioventù francese che mi ha insegnato molto sullo spirito della libertà. E alla
rivoluzione tunisina”.
“Non pensavo
proprio di essere premiato a Cannes. Ma per precauzione avevo mandato lo
smoking a pulire”, dice il giapponese Kore-Eda, autore di “Tale padre, tale
figlio”, film sulla paternità, sull’amore dei figli anche se biologicamente non
nostri, che vince il Prix du Jury, dice: “Ringrazio mia moglie, che mi ha reso
padre e mi ha fatto riflettere sulla paternità”.
“Amazing!
Straordinario! Sono in auto verso Pasadena, vi chiamo tra mezz’ora!”. Questo è
il messaggio sms di Bruce Dern al suo regista Alexander Payne. L’attore,
premiato per “Nebraska”, non è potuto
venire, probabilmente perché la discussione sul premio si è protratta fino a
poche ore prima della cerimonia finale. Impossibile volare dagli Usa in
così poco tempo.
Bérénice Bejo
è la più emozionata: “Amo il film, amo Ashgar Farhadi, non me lo aspettavo”, e
scoppia in lacrime.
Infine, nella
delusione italiana – niente premi a Sorrentino, e neanche a Valeria Golino come
opera prima – un premiato italiano c’è. E’ Adriano Valerio, milanese, menzione
speciale per i cortometraggi per il suo “37°4 S”. Valerio vive da dieci anni in
Francia. “Ma non voglio dire che avrei potuto fare cinema solo qui”, ci dice.
“Anzi, adesso sto preparando il mio primo lungometraggio in Italia, in
coproduzione con la Romania ”.
Nessun commento:
Posta un commento