di Giovanni Bogani
CANNES. Oltre a molta pioggia, e a molto freddo, sulla
Croisette di Cannes piombano due film a dirci che il mondo è cambiato. E che
potremmo non riconoscerlo più. Nel film di Sofia Coppola, “The Bling Ring”,
ragazzine alla moda vanno a rubare nelle case di Paris Hilton e di altri vip a
Los Angeles, solo per potersi mettere un vestito firmato, un tacco dodici, una
borsa firmata. Nel film di François Ozon, “Jeune et jolie”, giovane e carina,
una diciassettenne si prostituisce non per bisogno di soldi, ma per scelta, per
inquietudine volante non identificata.
E’ il mosaico
di un mondo che non ha più confini tra bene e male. Un mondo in cui l’abito fa
il monaco, eccome se fa il monaco. E in cui nient’altro sembra avere
importanza. Che cosa conta davvero, per le “ragazze cattive” del film di Sofia
Coppola? Il “life style”. Lo stile di vita. I vestiti. Le scarpe. Gli occhiali
da sole. La borsa. La pelliccetta. La minigonna. Il cappello. I gioielli. Che
cos’è la nostra civiltà? E’ un mosaico di cose possedute. Di armadi, di
scatoloni dove mettere scarpe, top, lingerie. Per esibire al mondo chi siamo. E
strisce di cocaina, euforia, balli, feste.
Non c’è altro, per un’ora e mezza
di film, ritmato e colorato. E’ una specie di “Pulp Fiction” al lucidalabbra.
“The Bling Ring” racconta la storia vera di una gang di adolescenti che ha
rubato nelle case di Paris Hilton, di Orlando Bloom, di Lindsay Lohan. La
fotografia del niente, e del tutto, che ci invadono oggi.
C’era la
folla, la mattina, in fila per vedere il
film, che ha aperto a Cannes la sezione “Un certain regard”. E alla fine,
applausi, convinti. Meritati? Da una parte sì. Perché Sofia Coppola ha
disegnato un altro dei suoi film color confetto, tutti rosa, celeste e giallo
chiaro. E dentro ci ha messo una fotografia inquietante del presente. Il suo
primo film, “Il giardino delle vergini suicide”, raccontava di adolescenti
bionde, Wasp, americane “di serie A”, e irresistibilmente minate da tendenze
all’autodistruzione. Questo suo ultimo film è un giardino delle vergini ladre.
Dall’altra, si
rimane sempre come a guardare da lontano. Non entriamo mai davvero nelle
psicologie dei personaggi: un po’ di più in quella del ragazzo, Mark. Uno che se
ne sta nella cameretta con scarpe tacco dodici. Ma, per il resto, è un mosaico
di figurine. Un caleidoscopio di immagini di contemporaneità. Non c’è sostanza,
né dentro le ville dei vip derubati, né nella vita delle ladre. E’ come se
tutto fosse svuotato di senso.
“Avevo sentito
parlare della storia del ‘Bling Ring’, ma senza prestarvi particolare
attenzione”, dice Sofia Coppola. “Poi ho
letto un articolo su ‘Vanity Fair’ e ho pensato che somigliava già a un film.
Soprattutto le parole di questi teenager mi hanno colpito: avevano l’aria di
pensare che non avevano fatto niente di male, e si interessavano soprattutto
alla notorietà che quei furti avevano portato loro. Ho pensato che questo
episodio raccontava molto di che cosa significa crescere nell’epoca di Facebook
e Twitter”.
Adesso le
sorelle Neiers, che facevano parte del Bling Ring, hanno il loro show
televisivo negli Stati Uniti. Tutto si confonde, bene e male non hanno più
confini, conta solo far qualcosa che faccia parlare. Siamo tutti spettatori,
siamo tutti protagonisti. Intorno a tutto questo, la città di Los Angeles. Una
specie di pianeta affascinante, con le sue luci di notte. Un po’ come nel film
“America oggi” di Altman, chissà se qualcuno se lo ricorda ancora.
Nel gruppo di
attrici e attori, l’unica conosciuta è Emma Watson, la Hermione di “Harry
Potter”. “Non volevo fare una parodia del personaggio che interpretavo, non
volevo giudicarlo”, dice Emma Watson. “Se penso ancora a ‘Harry Potter’? No, fa
parte del mio passato, direi. Ma ne sono orgogliosa, e quando la gente mi ferma
per quel film mi fa piacere”.
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