giovedì 16 maggio 2013

Cannes. Lolita secondo Ozon


di Giovanni Bogani

CANNES .  Non è  “Lolita”, ma racconta di un’adolescente capace di sconvolgere, diventare un turbine erotico per un uomo maturo. Non è “Bella di giorno”, ma racconta la doppia vita di una donna. Borghese, rispettabile. E prostituta, per scelta. Non è “Io la conoscevo bene”, ma racconta la malinconia irreparabile di un viso esplorato fino allo sfinimento dal regista.




Il volto è quello di Marine Vatch, al suo primo film importante. Una bellezza definitiva, lo sguardo che sembra sempre rivolto ad altro. Il regista è François Ozon, quello di “Nella casa”, adesso nei cinema italiani. Ozon, sismologo delle inquietudini. Fuoriclasse del cinema elegante, estetico, erotico, ma mai banale.

         “Volevo filmare la giovinezza, oggi”, dice il regista. “Il punto di partenza del film è la domanda: che cosa vuol dire avere diciassette anni? L’adolescenza come momento non sentimentale, ma quasi ormonale. Qualche cosa di forte, fisiologicamente, accade in noi. E allo stesso tempo, si è come anestetizzati. La sessualità non è ancora connessa ai sentimenti. La prostituzione era u modo come un altro di esasperare questo aspetto”.

         “La ragazza si prostituisce non per sopravvivere o per pagare i suoi studi, ma perché ne sente un bisogno viscerale”, dice Ozon. “Avrebbe potuto drogarsi o divenire anoressica; l’essenziale era che fosse secreto, clandestino, proibito. A diciassette anni ci si apre al mondo senza considerazioni morali. E’ quel sentimento esaltante che si sente nella poesia di Rimbaud ‘Non si è seri quando si ha diciassette anni’. Prostituendosi, Isabelle fa un’esperienza, un viaggio, che non è forzatamente una perversione”.



         “In un momento cruciale per lei, quando fa l’amore per la prima volta, ho pensato all’idea dello sdoppiamento. E’ una sensazione che si può provare: si è là, ma allo stesso tempo altrove, come un osservatore. Quella scena è fondamentale, perché prepara alla doppia vita di Isabelle”.

         “Nelle scene di sesso – dice Ozon – volevo essere realistico, ma non degradante, né sordido. Non volevo dare giudizi morali. Certo, alcuni clienti hanno delle devianze, ma volevo mostrare come Isabelle vi si adatti. Isabelle è il ricettacolo dei desideri degli altri, sebbene lei non conosca i propri”.

         A interpretare Isabelle, Marine Vatch. “Da quando la ho incontrata, ho visto in lei una estrema fragilità e allo stesso tempo una forza straordinarie”. Lei, Marine, ha un passato di modella e un volto che ricorda la giovane Jane Birkin. E’ già una delle rivelazioni del festival, non c’è dubbio. La sua seduzione è malinconica, distaccata, quasi tragica. “Isabella si prostituisce così come potrebbe drogarsi, per scontrarsi col mondo, per trovare la sua verità. Finisce col saperne di più, rispetto agli altri adolescenti della sua età, e della maggior parte degli adulti che la circondano. E non si scusa, di quello che fa”.

         Nell’auto, con l’amica di famiglia, il suo personaggio dice: “Non sono io ad essere pericolosa”. Chi lo è, allora? “E’ il desiderio che Isabelle suscita che è pericoloso; la sua giovinezza, la sua bellezza, che mettono tutti di fronte ai propri desideri, e alle proprie frustrazioni”.  






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