di Giovanni Bogani
CANNES . Non è
“Lolita”, ma racconta di un’adolescente capace di sconvolgere, diventare
un turbine erotico per un uomo maturo. Non è “Bella di giorno”, ma racconta la
doppia vita di una donna. Borghese, rispettabile. E prostituta, per scelta. Non
è “Io la conoscevo bene”, ma racconta la malinconia irreparabile di un viso
esplorato fino allo sfinimento dal regista.
Il volto è quello di Marine
Vatch, al suo primo film importante. Una bellezza definitiva, lo sguardo che
sembra sempre rivolto ad altro. Il regista è François Ozon, quello di “Nella
casa”, adesso nei cinema italiani. Ozon, sismologo delle inquietudini. Fuoriclasse
del cinema elegante, estetico, erotico, ma mai banale.
“Volevo
filmare la giovinezza, oggi”, dice il regista. “Il punto di partenza del film è
la domanda: che cosa vuol dire avere diciassette anni? L’adolescenza come
momento non sentimentale, ma quasi ormonale. Qualche cosa di forte,
fisiologicamente, accade in noi. E allo stesso tempo, si è come anestetizzati. La
sessualità non è ancora connessa ai sentimenti. La prostituzione era u modo
come un altro di esasperare questo aspetto”.
“La ragazza si
prostituisce non per sopravvivere o per pagare i suoi studi, ma perché ne sente
un bisogno viscerale”, dice Ozon. “Avrebbe potuto drogarsi o divenire
anoressica; l’essenziale era che fosse secreto, clandestino, proibito. A
diciassette anni ci si apre al mondo senza considerazioni morali. E’ quel
sentimento esaltante che si sente nella poesia di Rimbaud ‘Non si è seri quando
si ha diciassette anni’. Prostituendosi, Isabelle fa un’esperienza, un viaggio,
che non è forzatamente una perversione”.
“In un momento
cruciale per lei, quando fa l’amore per la prima volta, ho pensato all’idea
dello sdoppiamento. E’ una sensazione che si può provare: si è là, ma allo
stesso tempo altrove, come un osservatore. Quella scena è fondamentale, perché
prepara alla doppia vita di Isabelle”.
“Nelle scene
di sesso – dice Ozon – volevo essere realistico, ma non degradante, né sordido.
Non volevo dare giudizi morali. Certo, alcuni clienti hanno delle devianze, ma
volevo mostrare come Isabelle vi si adatti. Isabelle è il ricettacolo dei
desideri degli altri, sebbene lei non conosca i propri”.
A interpretare
Isabelle, Marine Vatch. “Da quando la ho incontrata, ho visto in lei una
estrema fragilità e allo stesso tempo una forza straordinarie”. Lei, Marine, ha
un passato di modella e un volto che ricorda la giovane Jane Birkin. E’ già una
delle rivelazioni del festival, non c’è dubbio. La sua seduzione è malinconica,
distaccata, quasi tragica. “Isabella si prostituisce così come potrebbe
drogarsi, per scontrarsi col mondo, per trovare la sua verità. Finisce col
saperne di più, rispetto agli altri adolescenti della sua età, e della maggior
parte degli adulti che la circondano. E non si scusa, di quello che fa”.
Nell’auto, con
l’amica di famiglia, il suo personaggio dice: “Non sono io ad essere
pericolosa”. Chi lo è, allora? “E’ il desiderio che Isabelle suscita che è
pericoloso; la sua giovinezza, la sua bellezza, che mettono tutti di fronte ai
propri desideri, e alle proprie frustrazioni”.
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