Saverio Di Biagio debutta come regista di lungometraggi con “Qualche
nuvola”. Presentato alla 68° Mostra Internazionale
d'Arte Cinematografica, nella sezione Controcampo italiano, il film riesce a
suscitare le simpatie del pubblico e ad ottenere l'attenzione, e in molti casi l'entusiasmo, da parte della critica.
Diego (Michele Alhaique) e Cinzia (Greta Scarano) decidono finalmente di sposarsi. Ma Diego
conosce Viola (Aylin Prandi) ed ecco il conflitto del film.
Mentre Cinzia si preoccupa dei preparativi
che continuano inesorabili: la scelta del ristorante, il vestito della sposa, i
regali di nozze e i lavori della nuova casa, fino a poco prima “occupata” dalla
nonna di Cinzia, e liberata con la sua morte; Diego lavora ad un importante
cantiere come muratore, proprio insieme al suocero (Giorgio Colangeli), per poi
trovare i suoi momenti paradisiaci durante le ore di straordinario alla casa in
costruzione di Viola.
I personaggi sono ben caratterizzati. Di una
Roma genuina e sincera. Maria (Paola Tiziana Cruciani) suocera di Cinzia, Carlo
(Pietro Sermoni) il collega di Umberto, gli amici di una vita: Don Franco
(Michele Riondino), il malvivente Ivan fino a Barbara “sorella” di Cinzia.
Invece le figure appartenenti ad una Roma ricca ed altolocata hanno un tocco
più viscido e cinico come l’ingegnere capo-cantiere e il venditore di mobili, cammeo di Elio
Germano. Poi c’è Viola, splendida, ma punto debole del film. Un personaggio
vuoto, una storia d’amore esile, basata sul sesso e per nulla approfondita
dall’autore. La trama è elementare e sfiora il colpo di scena alla fine; quando
Cinzia, sgomenta per aver colto il suo Diego in flagrante, in un attimo di
debolezza cede alla tentazione di concedersi alle braccia di Ivan, il quale
dimostra tutta la sua etica, nonostante le sue attività illecite, abbracciandola
stretta proprio come un amico. Il matrimonio non sarà perfetto come sognato da
Cinzia, ma si sa, spesso in cielo c’è qualche nuvola.
Fa da scenario una Roma di cui Di Biagio non
ci mostra le antichità, i luoghi turistici o le grandi ville, ma i quartieri
più popolari –come il Quadraro, il raccordo anulare, i palazzi in costruzione,
i campi da calcetto moderni e asettici.
Ritratto della società media italiana sarebbe potuto scadere in un inno
alla mediocrità ed invece riesce anche ad appassionare, poiché in fondo
elementi di identificazione ce ne sono tanti. La storia scorre liscia grazie ai
dialoghi frizzanti in romanesco e, soprattutto, grazie ad un cast di tutto
rispetto.
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