di Caterina Tomassetti
Portare al
cinema un romanzo, si sa, non è cosa semplice e sono pochi i registi che ci
sono davvero riusciti.
Bille August
(“La casa degli spiriti”, “Il senso di Smilla per la neve”) non è nuovo a
questo genere di esperienza e stavolta si cimenta con l'omonimo bestseller di
Pascal Mercier. Jeremy Irons è il protagonista, il professore svizzero Raimund
Gregorius, che una mattina si trova a salvare una giovane donna dal suicidio.
La ragazza,
naturalmente, fugge via, lasciando nelle mani del suo salvatore il cappotto
con, nelle tasche, un libro portoghese e un biglietto ferroviario per Lisbona.
Gregorius si convince che quello è l'avvenimento casuale che può cambiare la
sua vita solitaria e spenta.
Parte così
per Lisbona e si mette sulle tracce dell'autore del libro, un medico-filosofo
che partecipò alla Resistenza contro Salazar. Attraverso
incontri più o meno casuali, riesce a ricostruire episodi della Resistenza e la
vita del giovane medico.
Purtroppo il
film resta impigliato nelle pagine del libro e non decolla mai: sempre troppo
verboso, nonostante la bella fotografia, invero un po' calligrafica, di Filip
Zurbrenn, che ha il merito però di rendere le dolenti atmosfere di Lisbona con
tutta la patina dell'antico.
Ma la storia
del protagonista non prende mai rilievo, non il pur bravo Jeremy Irons, troppo
spesso confinato a voce recitante fuori campo, che legge pagine del libro.
Per il resto
è una passerella di attori, da Charlotte Rampling a Mélanie Laurent, da Jack
Huston a Tom Courtenay, da Christopher Lee a Bruno Ganz, come si conviene ad una
produzione internazionale.
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